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Dedico il secondo post di oggi ancora al Museum Of London perchè non mi ero ancora imbattuto in un museo con il proprio profilo su Scribd, piattaforma che consente di condividere documenti online.
Museum Of London ha dunque un profilo su questa piattaforma, personalizzato con la propria immagine coordinata (www.scribd.com/MuseumofLondon), dove sono stati caricati 79 documenti: volantini, locandine, brochure informative, paper sull’uso delle applicazioni mobile, ecc.

I contenuti sono stati visualizzati  oltre 163.000 volte e l’account conta 89.000 followers.
Ovviamente Scribd è perfettamente integrato con tutti i principali Social Media e consente anche un’ottima fruibilità via mobile.

Passando un attimo dalla gestione del contenuti testuali a quelli video, vediamo come il museo ha presentato la mostra Pirates: The Captain Kidd Story. Un vero e proprio exhibition trailer sui pirati! (che si stia cavalcando un po’ troppo il successo della saga con Johnny Depp?).
Ad ogni modo questo è solo uno degli ultimi esempi di exhibition trailer e dato il successo del contenuto “video” in rete (di gran lunga la tipologia di contenuto più apprezzata e condivisa dagli utenti) ne vedremo sempre di più.

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Con un po’ di tempo a disposizione, e una domenica non propriamente spettacolare, ho girovagato un po’ in rete scovando un blog su musei e nuovi media decisamente interessante e che non conoscevo: Museum geek.
Qui ho trovato una segnalazione relativa la progetto “The ShipSong” realizzato dalla Sydney Opera House.

Sostanzialmente si tratta di un video che mostra i punti di forza dell’istituzione e delle arti che questa vuole promuovere reinterpretando un classico di Nick Cave: il video è decisamente ben fatto e ricco di passione.

Decisamente bello anche il minisito realizzato su Youtube, youtube.com/theshipsongproject, nel quale troviamo link agli altri presidi social ma soprattutto un utilizzo di video full screen, grandi immagini e una “pulizia” di realizzazione che rendono il tutto molto emozionante.

Una cura di realizzazione che trovate anche sul sito istituzionale: personalmente trovo utile e ben fatta la navigazione delle tre sezioni in evidenza: Happening Now, What’s On e Connect.

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Come tutti saprete è stato recentemente inaugurato il MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo in via Guido Reni a Roma.

Ero curioso di vedere che direzione sarebbe stata presa per l’attività legata a social media e community online: il website istituizionale è ancora in fase di lavorazione ma è già ampiamente visibile in homepage la sezione community.

Un nuovo spazio per incontrare e far incontrare i visitatori reali e virtuali del MAXXI, uno spazio pensato per condividere idee, interessi, esperienze, opinioni sul mondo della creatività contemporanea.

4 sono le piattaforme in cui trovare il MAXXI: Facebook, Twitter, Youtube, Flickr.

E’ ancora molto presto per capire la qualità della comunicazione in questi presidi (tono, frequenza di intervento, interazione e soprattutto gestione delle criticità/commenti negativi) ma per quanto riguarda la customizzazione grafica sorprende la qualità sia della pagina Facebook sia del profilo Twitter.

La pagina Facebook ha una splendida immagine di profilo, molto ampia, mentre la sezione riquadri nasconde, sacrificandola un poco, una bella pagina customizzata che informa sulle mostre presenti nel museo (ma perchè non realizzare una landing page denominata Mostre in corso?).
Relativamente alla creazione di landing page fortemente customizzate su Facebook c’è chi sostiene che queste spiazzino l’utente, essendo a volte molto diverse dalla restante struttura di Facebook: nel profilo TATE, ad esempio potete vedere un utilizzo massiccio di queste pagine, mentre il MoMA opta per pagine più sobrie.

Ad ogni modo credo che la soluzione migliore sia forse quella di utilizzare le landing page in occasione di nuove mostre facendo atterrare gli utenti solo per il periodo di lancio dell’evento, in modo da risultare poco invadenti.

Ecco un articolo di Jim Richardson sull’attività in Facebook di TATE.

Tornando all’attività digitale del MAXXI al momento è ovvio che la comunicazione sia quasi interamente formata da avvisi di eventi e presentazioni: vedremo se, soprattutto per quel che riguarda i tweet, in futuro si adotterà un dialogo con gli utenti.
Ancora più importante sarà capire se ci saranno progetti in grado di mescolare online e offline, user generated content e materiale professionale.

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Continuano le interviste sull’attività digitale delle istituzioni culturali da parte di fucktorymuseum. Dopo il Mart e il Museo L. da Vinci di Milano, ecco una bella testimonianza di quanto avviene nella città di Genova grazie ad un moderno ed evoluto mix di attori protagonisti, tra i quali lo splendido gruppo di lavoro comunale Genova Città Digitale e i Musei di Strada Nuova (Palazzo Rosso, Palazzo Bianco, Palazzo Tursi).

Ne parliamo direttamente con Francesca Puddu, di Città Digitale, che ringrazio (così come lo staff dei musei) per la disponibilità e lo splendido lavoro.

Ci racconti un po’ la tua esperienza relativa al seminario sulla comunicazione crossmediale dei musei?

L’amministrazione centrale del comune ha incaricato Città Digitale di creare le pagine Facebook dei musei del comune di Genova. Il principio era quello di essere presenti dove la gente ha scelto di essere e di esserlo in tempi brevi. Quindi si è scelto di percorrere una strada alternativa a quella canonica.

Le pagine sono state create in maniera coordinata cercando di mantenere una grafica riconoscibile senza ingabbiare troppo la struttura e rendere possibili le customizzazioni richieste dai singoli musei.

I seminari per i curatori dei musei sono stati quindi lo strumento principale per presentare gli spazi ai legittimi proprietari illustrandone limiti, possibilità, obiettivi raggiungibili, esempi di utilizzo e possibili integrazioni con altri strumenti web 2.0.

Gli incontri all’inizio sono stati condotti in gruppo, sono cioè stati invitati tutti i conservatori in un’unica sessione per affrontare gli aspetti generali relativi all’azione. Per la fase successiva cioè quella di scelta dell’approccio e del design dell’architettura della comunicazione si è scelto invece di incontrare i curatori singolarmente per poter dare maggiore rilievo alle esigenze delle singole strutture e per poter meglio intervenire sulle necessità formative in una modalità maggiormente rispettosa della privacy.

Questi incontri face to face sono stati anche l’occasione per proporre, a seconda delle esigenze e delle caratteristiche della struttura, arricchimenti nell’offerta di strumenti di comunicazione per esempio attraverso l’inserimento di spazi dedicati al museo sul canale di youtube del comune www.youtube.com/genoamunicipality.

In alcuni casi il gruppo di lavoro di città digitale ha coordinato e realizzato video di presentazione per i musei o per iniziative museali integrando poi il prodotto nelle pagine di facebook del museo, promuovendolo sulla testata città digitale e linkandolo dal sito ufficiale.

L’obiettivo finale è quello di rendere sempre di più i curatori e i loro staff consci delle possibilità che i vari media offrono, per dare loro la possibilità di scegliere in maniera consapevole il servizio o lo strumento più adatto al raggiungimento degli obiettivi dell’istituzione e più calibrato alle possibilità reali di sostenibilità nel tempo.

Com’è organizzata e gestita l’attività di Genova Città Digitale?

Città Digitale è un gruppo di lavoro del comune di Genova che si occupa, diciamo, dell’attuazione del piano regolatore delle ICT in città.
Dal progetto per un nuovo sito ufficiale del comune alla concezione di un nuovo sito del turismo al coordinamento della comunicazione dei vari settori del comune attraverso i social media.

Il Campus di Città Digitale è costituito da una decina di persone strutturate a vario titolo nel comune (video maker, redattori, fotografa, social networker, webmaster e figure dirigenziali) che compongono lo zoccolo duro della redazione.

Oltre a questo gruppo stabile esiste un sempre più ampio, motivato e competente gruppo di giovani che orbitano attorno al campus e che offrono la loro freschezza, le loro idee, il loro tempo in cambio della possibilità di imparare e dell’opportunità di misurarsi con progetti concreti e visibili.
Per quanto riguarda gli obiettivi, beh, ne abbiamo molti ma quello principale e rendere la città di Genova un po’ più “digitale” e rendere sempre di più i cittadini consci della possibilità che la rete offre a chi ne sa approfittare. Oltre che con i musei il campus “dialoga” con le biblioteche, le associazioni, gli artisti del territorio (Genova hub su mySpace) le realtà locali e si avvale di alcune collaborazioni con varie facoltà dell’ateneo genovese.

Per quanto riguarda i Musei di Strada Nuova, come è stato pianificato e gestito l’approccio ai social media?

Tutto quello che i Musei di Strada Nuova hanno fatto in relazione ai social media e ai presidi digitali è sempre passato attraverso il campus di Città Digitale per quanto riguarda le questioni implementative, i conservatori dei musei sono intervenuti per fare in modo che attraverso questi strumenti fosse possibile esplicitare gli obiettivi e la logica che è semplicemente quella di promuovere e far conoscere le collezioni avvicinando i visitatori al museo senza che ne siano spaventati, quindi invitandoli anche attraverso mezzi nuovi ed accattivanti…senza per questo voler sostituire il ‘virtuale’ all’oggetto reale, che deve sempre essere il fine per il quale si lavora.

Gli spazi sui social media, le pagine del sito internet, le mappe con gli itinerari sul territorio, le gallerie fotografiche e i video sono strumenti per invitare i visitatori a voler – ad un certo punto – spegnere il pc per venire a trovarci.

I modelli che ci hanno ispirato sono stati, banalmente, l’approccio intermediale del Mart, l’agilità del MoMA e della Tate e la freschezza di piccole realtà come per esempio il Mao di Torino.

Chi gestisce i presidi digitali dei Musei di Strada Nuova?

La gestione dei presidi digitali dei Musei di Strada Nuova è affidata al personale dei musei, spesso ai curatori stessi che intervengono in prima persona. Ad affiancare i musei dal punto di vista tecnologico, implementativo ed “esecutivo” ci sono poi il campus di Città Digitale e la direzione dei musei del comune di Genova.

Ci sono progetti futuri relativi all’attività digitale?

I progetti che ci frullano in testa sono tanti, il primo (in ordine di prevista apparizione) è la pubblicazione della sezione del sito dei musei dedicata al concetto di museo allargato.

A breve compariranno sulle pagine dei musei del comune dei percorsi georeferenziati che si snoderanno attraverso una serie di punti di interesse corredati di descrizioni testuali e arricchiti da vari media.
Questi percorsi saranno solo l’inizio di un processo che dovrebbe portare, attraverso la raccolta di user generated content alla costruzione di un ricco patrimonio di informazioni sul territorio creato in maniera corale da chi il territorio lo vive e lo studia o da chi lo ha visitato.

Un altro progetto che ronza attorno ad alcune teste del campus e che presto vedrà la luce è basato sull’utilizzo dei qr code per rendere possibile la fruizione delle risorse georeferenziate direttamente sul territorio.

Insomma le parole chiave dei nostri progetti futuri sono: partecipazione, user generated content, mobile, multiple devices con un eco sulla realtà aumentata che prende sempre più corpo.

Bhè, che dire, ancora un grazie a Francesca per la preziosa testimonianza e, mi raccomando, non perdete l’occasione per andare a visitare il sito Città Digitale e leggere l’articolo di Francesca “I Musei di Genova su Facebook”.

Mi auguro di riuscire presto a racchiudere tutte queste preziose testimonianze in un eBook più facilmente fruibile.

P.S. Sempre su segnalazione di Francesca vi raccomando “Breve storia di un amore fra un conservatore di museo e facebook

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Dopo quella a Luca Melchionna del Mart di Trento e Rovereto, nuova intervista esclusiva per Fucktorymuseum 2.0.

Questa volta indaghiamo l’attività online del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia L. Da Vinci di Milano: lo facciamo attraverso lo splendido racconto di Paolo Cavallotti, dell’Ufficio Internet e Media Interattivi.

Ci sono anteprime, progetti futuri e una spiegazione approfondita di come si fa innovazione all’interno di una realtà museale di prestigio: assolutamente da non perdere! Provvederò nei prossimi giorni a realizzare su ISSUU un mini-eBook in modo da rendere questo preziosissimo contributo maggiormente fruibile a tutti.

Di seguito trovate l’intervista: prima però ci tengo a ringraziare per la cortesia, la disponibilità e la competenza Paolo Cavallotti e lo staff del Museo.

MuseoScienza > Il Museo sui social network

Chi si occupa delle attività digitali del museo? C’è uno staff dedicato?

Il Museo Leonardo da Vinci è stato il primo museo in Italia (fin dal 1998) ad investire sui media digitali con personale interno dedicato a lavorarci. Dal 2001, col passaggio a fondazione di diritto privato e la nuova direzione, questa strategia è stata perseguita con sempre maggior convinzione e investimenti con la strutturazione dell’ ufficio “Internet e Media Interattivi” che si occupa del sito web e di tutte le attività digitali del Museo.
Oggi l’ufficio è costituito da quattro persone, assunte a tempo indeterminato, che lavorano a tempo pieno su questo.

Il museo ha una sua pagina Facebook ed anche un profilo Twitter: come organizzate l’attività in questi social media? Quale progettualità c’è dietro la gestione di questi presidi? Quali sono i vantaggi e le problematiche riscontrati nell’utilizzo di questi strumenti?

Facebook e Twitter hanno caratteristiche diverse e quindi cerchiamo di usarli in modo diverso per sfruttare il loro potenziale.
Su Facebook abbiamo cercato di aprire un canale di dialogo con i nostri utenti più informale e diretto, in modo che i nostri visitatori più affezionati (ma anche chi ci conosce poco) abbia la possibilità di interagire con noi in modo immediato e non filtrato.
Cerchiamo di non essere troppo invasivi e martellanti presentando sulla nostra pagina solo alcune delle nostre attività, quelle che meglio si prestano al canale o quelle più adatte al tipo di pubblico che lo usa.
L’immediatezza dello strumento ci permette anche di poter raccontare e aggiornare i nostri “fan” su progetti in divenire e su i “dietro le quinte”.

E’ inoltre un ottimo luogo di fidelizzazione di utenti selezionati.

Per questo abbiamo recentemente fatto anche un piccolo concorso a premi (in occasione dell’inaugurazione di un nuovo laboratorio);  un modo simpatico e interattivo per introdurre un nostro tema (nel caso specifico l’alimentazione) , coinvolgere i nostri utenti in modo interattivo e … dargli qualcosa in cambio. In futuro faremo altre di queste attività: coinvolgeremo i nostri fan portandoli ad usare maggiormente i nostri contenuti online e dando loro in cambio visite guidate gratuite direttamente con i curatori del Museo all’interno delle sezioni organizzate esclusivamente per questi utenti.

Un altro rapporto di scambio che trovo interessante, attraverso Facebook, è quello di rendere disponibile in anteprima solo ai fan della pagina del contenuto non ancora disponibile a tutti. Un modo per far sentire “privilegiati” i fan e allo stesso tempo ottenere in cambio dei feedback utili per migliorare il proprio lavoro.

Come sempre la difficoltà è quella di riuscire a coinvolgere attivamente gli utenti, saper trovare le giuste cose che sappiano stimolare le persone a dare un contributo attivo. Per ora i primi riscontri sono positivi ma di sicuro la strada è ancora lunga e considero questo primo periodo proprio una sperimentazione in questa direzione.

Su Twitter per ora non abbiamo fatto tantissimo (in Italia è anche molto meno usato) ma per la sua natura è il luogo adatto per fare racconti/cronache in tempo reale di attività che si svolgono al Museo in quel preciso istante (cosa che se venisse fatta sulla pagina di Facebook rischierebbe di risultare molesta intasando le bacheche dei nostri fan).
Lo abbiamo fatto ad esempio in occasione della giornata di inaugurazione della nuova Area Nanotecnologie.  Essendo la giornata aperta solo ad ospiti e stampa abbiamo fatto su Twitter una cronaca in tempo reale di tutto quello che stava avvenendo, corredandola con foto scattate e pubblicate in tempo reale su Flickr. Un bel mix per consentire a tutti di prendere parte ad una giornata ricca di contenuti ma non fisicamente aperta a tutti.

Su Twitter più che di difficoltà parlerei di potenziale ancora povero dato dal poco uso che viene fatto in Italia di questo canale.

Avete in programma di aprire altri profili per la condivisione di contenuti (flickr e Youtube o blog)?

Su Flickr e Youtube ci siamo già, anche se non abbiamo ancora lanciato ufficialmente i due canali (cosa che avverrà a breve).
Flickr probabilmente continueremo ad usarlo nel modo spiegato prima, come integrazione alle cronache che faremo su Twitter. Valuteremo successivamente se usarlo anche per la pubblicazione di tutte le gallery di foto che il Museo crea e mette a disposizione sul proprio sito (e talvolta su Facebook).
Youtube invece conterrà la gran parte della produzione video del Museo (sempre più ricca). Sarà speculare alla sezione Video Museoscienza del nostro sito che metteremo online in contemporanea (sempre tra pochi giorni).
Abbiamo deciso di non tenere i nostri video solo sul nostro sito o solo su Youtube (facendo enbedding sul nostro sito) ma di pubblicare le nostra produzione video su entrambi i canali parallelamente.

Presto probabilmente realizzeremo anche un blog che possa fare da diario per raccontare l’attività dei ricercatori sulle nanotecnologie che stanno svolgendo il loro lavoro all’interno del Museo (nell’area Nanotecnologie infatti i visitatori possono vedere e interagire con dei ricercatori che svolgono la loro attività di ricerca alla luce del sole, davanti al pubblico).

Avete realizzato progetti che mescolino attività online ed offline?

Da diversi anni molta della nostra produzione online è legata all’attività offline.
Abbiamo progetti interamente online (come il progetto “Cimeli! Una ricerca virtuale al Museo”) che partono da attività offline e che cercano di stimolare a venire al Museo per rendere l’attività online più ricca e completa.
All’interno della sezione Televisione del  Museo abbiamo realizzato una postazione multimediale nella quale i nostri visitatori possono lasciare un loro contributo video (rispondono ad alcune domande registrando i loro contenuti attraverso una webcam) sul tema dell’uso della televisione oggi. Una scelta di questi contributi verrà pubblicata sul nostro canale di Youtube.
Anche per altre sezioni o mostre in passato abbiamo cercato di stimolare i nostri visitatori ad attività online che si integrassero con la visita fisica al Museo.

Come risponde il pubblico alle vostre iniziative digitali? I social media vi hanno aiutato a migliorare la comunicazione con il pubblico?

L’attività digitale che da molti anni facciamo ha sempre ottenuto un ottimo riscontro dal parte del nostro pubblico, in termini di numeri e di visite.
Quando si entra nel merito del chiedere un contributo attivo il campo si fa sempre più spinoso. In passato abbiamo talvolta chiesto troppo al nostro pubblico, imparando la lezione che è molto difficile ottenere molti contributi quando l’attività che viene proposta è troppo lunga o strutturata. Con attività più semplici ed immediate i risultati sono invece sempre stati ottimi.

Nel merito invece di comunicazione diretta col nostro pubblico direi che sono proprio questi nuovi canali di cui abbiamo parlato ora ad offrirci un nuovo scenario di interscambio e comunicazione.
Siamo ancora in una fase abbastanza nuova e non mi sbilancerei in responsi definitivi in merito, però devo dire che i segnali sono ottimi. Otteniamo frequentemente feedback sui nostri lavori, domande e richieste (come suggerimenti su quali attività fare) che in passato attraverso altri canali più raramente ricevevamo.
Penso che se ci si sa porre nel modo giusto, se si usa il giusto linguaggio, si ha la possibilità di ottenere un dialogo diretto che può portare una comunicazione molto fruttuosa col proprio pubblico. E sinceramente questa cosa la sto già toccando con mano in questi mesi.

Per quanto riguarda l’attività digitale, quali sono i progetti per il futuro?

Un po’ di cose te le ho anticipate prima (Youtube, un maggior uso integrato di Twitter e Flickr, anteprime, giochi e concorsi su Facebook…) e in generale tutta l’attività attraverso i social network verrà sempre più potenziata .
Continuerà anche l’attività della nostra webradio (Radio Museoscienza) che alterna un palinsesto di registrazioni degli appuntamenti, conferenze e dibattiti che si sono svolti al Museo negli ultimi anni, ad appuntamenti dal vivo (con incontri con esperti su tutti i nostri temi) durante i quali gli ascoltatori possono anche interagire e fare domande via chat.

C’è poi  in effetti un altro grosso cambio sostanziale che sta per arrivare.

Tra pochi giorni (primissimi giorni di aprile) il sito del Museo cambierà faccia, diventando un vero e proprio magazine con una homepage molto più ricca di contenuti rispetto a quella attualmente online. L’aspetto multimediale e interattivo verrà fortemente potenziato, molti contenuti multimediali saranno fruibili direttamente dalla homepage, finanche l’interazione attraverso i social network sarà attiva direttamente dalla copertina.

Nascerà inoltre una nuova sezione del sito (che prenderà il posto dell’attuale sezione Online) dedicata a tutti gli approfondimenti disponibili sul sito. Negli anni abbiamo realizzato e sviluppato un’enorme ricchezza di contenuti di approfondimento sulle nostre tematiche tecnico scientifiche che fanno davvero del nostro sito web un’ottima risorsa per tutti coloro che sono interessati ai nostri temi. Ci siamo resi conto che la struttura attuale del sito e della homepage stava rischiando di tenere troppo nascosti molti di questi contenuti e abbiamo così deciso di realizzare una sezione che contenga tutti questi contenuti e li metta a disposizione dei nostri visitatori potendoli navigare per temi o per linguaggi (video, audio, documenti, esperienze online…).

Inoltre la ricca offerta di contenuti audio e di contenuti video che possiamo mettere a disposizione ci consente di realizzare a breve un’offerta di podcasting (sia video che audio) alla quale i nostri utenti si potranno abbonare gratuitamente.
Stiamo anche iniziando a progettare applicativi per palmari e smartphone che si andranno ad unire ai contenuti scaricabili via bluetooth che già attualmente sono disponibili per i nostri visitatori all’interno del Museo (nella sezione sui Telefoni è possibile ricevere sul proprio cellulare le suonerie dei telefoni d’epoca presenti in sezione, che poi il visitatore si potrà salvare e usare come suoneria del proprio telefono).

Più in generale continueremo a sviluppare contenuti e attività digitali legati a tutti i progetti del Museo.
Ormai da tanti anni questi linguaggi sono considerati dal Museo come strumenti privilegiati e strategici e ormai non esiste progetto o attività che non venga da subito progettata ragionando anche sulla possibilità di sfruttare l’attività digitale.

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Walker Art Center > Walker Blog Guidelines

Vero e proprio punto di riferimento per l’universo “musei e social media”, il blog Museum Marketing di Jim Richardson ha pubblicato due post molto interessanti qualche giorno fa.

Il primo, Social Media Policy for a Museum segnala alcune imperdibili risorse come guidelines di blog museali o twitter strategy di enti governativi!  Contenuti davvero niente male che vale la pena esplorare.

Guardate ad esempio il documento wiki “Walker Blog Guidelines” sulle regole del blog del Walker Art Center di Minneapolis: oppure i documenti in pdf di Powerhouse Museum e IMA, relativi sempre alla gestione dei blog.

Esce dall’ambito museale ma fa sempre cultura (eccome!) la BBC che ha pubblicato la propria policy per l’uso dei social media. Restando in casa BBC vi segnalo un piccolo gioiello: guardate un po’ come spiegano la storia del Regno Britannico!

Il secondo post di Jim, Tips for creating more interesting tweets for your Museum, spiega come sfruttare al meglio twitter da parte delle realtà museali: da non perdere!

Ok, già che ci siete date un’occhiata pure alle 5 vie possibili per utilizzare al meglio Youtube.

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Della ricerca Museum of London e Social Software, realizzata da Bilkis Mosoddik ho già scritto (vedi Museum of London e social media: le conclusioni): in sostanza pare proprio che ci sia molto da fare per migliorare l’engagement con gli utenti.

Proprio per questo Bilkis espone ora quelli che sono i buoni propositi per il prossimo anno:

  • Add regular Facebook status updates on the MOL Facebook fan page,
  • Twitter regularly on the MOL Twitter account,
  • Blog more frequently on this blog site, and
  • I have been vigilantly ensuring that all comments on MOL Facebook, YouTube, blogs, and Flickr, and all tweets and Twitter messages at Museum of London is responded to

Come più volte è stato detto, l’elemento chiave è aumentare la consapevolezza di tutto lo staff circa l’importanza della presenza online, la quale ovviamente non è più solo la presenza del website istituzionale ma si “ramifica” in tanti ambienti diversi.

E questo infatti Bilkis lo sa bene:

I am also emphasising the use of social software to my colleagues and attempting to pass on responsibilities to various departments to manage some of these tools.

Trovate tutte le info nel post  What are we doing now?

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Mart - Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto

Mart - Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto

Intervista esclusiva con Luca Melchionna, collaboratore settore Comunicazione del Mart, che ci spiega la strategia 2.0 (Facebook, Twitter, Flickr, Social Tagging, Blog, ecc.) del Museo: un’avventura non priva di problematiche ma che si contraddistingue per una visione attenta dei nuovi strumenti web e delle opportunità che offrono all’attività museale.

Per chi non volesse leggere qui tutta l’intervista (molto dettagliata ed interessante), ho preparato un mini e-book dal titolo “L’avventura 2.0 del Mart” che si può sfogliare e scaricare da ISSUU.

Non perdetevelo perché rappresenta una bella testimonianza di utilizzo del web da parte di un’istituzione culturale italiana, di certo non una consuetudine.

Un ringraziamento a Luca per la disponibilità.

Il Mart è uno dei pochissimi musei italiani ad avere una così ampia presenza online, in particolare negli ambienti 2.0 (Facebook, Youtube, Flickr, Twitter). Quando e come è venuta  l’idea che il museo poteva “vivere” anche in questi presidi?

E’ nata a fine 2006, come naturale evoluzione di un duplice processo. Innanzitutto un potenziamento globale di tutte le attività di comunicazione, incentrato su un grosso lavoro di ufficio stampa; il Mart è stato molto lungimirante, e ha creato un ufficio comunicazione di prim’ordine. Dall’altro, il rinnovamento completo di un sito web che era invecchiato troppo in fretta. La spinta finale è arrivata dall’arrivo al Mart di un “presidente tecnologico”, Franco Bernabè, e da un Consiglio di Amministrazione che ha posto degli obiettivi chiari per la comunicazione online.
La traduzione concreta di questi stimoli ha significato prendere consapevolezza che:

  • nel giro di pochi anni la presenza sul web delle istituzioni diventerà un indicatore come altri di autorevolezza istituzionale. Piano piano tutti stanno capendo che l’idea che il web minacci l’autorevolezza dei musei è sbagliata.
  • essere assenti dal web partecipativo è per definizione impossibile; non partecipare non significa affatto non esserci, ma piuttosto cedere ad altri il controllo sulla propria reputazione. Questo è un punto decisivo che risulta utile nella contrattazione delle strategie con i livelli alti della direzione museale
  • I soldi seguono le innovazioni, anche in un mercato opaco come quello italiano. Stare fuori da questi processi incide sui bilanci traballanti dei musei. Non sono discorsi campati in aria: le aziende prima di dare soldi a un’istituzione vogliono capire se sa parlare ai suoi utenti. Perché le aziende vogliono utenti che non raggiungono, mica l’istituzione in quanto tale!
  • è vero che i problemi di diritti e copyright sono notevoli. Ma è altrettanto vero che stanno cambiando le regole del copyright a livello internazionale, quindi stare fermi per paura di fare casino è una scelta comoda ma suicida. E’ meglio partecipare a una riscrittura delle regole che stare in disparte.

E’ stata costruita una strategia di intervento in questi presidi?(magari analizzando qualche best practice?)

Il tempo è poco, e ogni intervento va mantenuto, quindi le strategie sono essenziali. La soluzione più intelligente mi è sembrata quella di prendere spunto dai migliori (Brooklyn Museum), di controllare le discussioni di Museums & the Web, dei gruppi di lavoro dei professionisti del settore su LinkedIn, e di seguire alcuni blogger autorevoli, in testa a tutti Nina Simon. In base ai risultati di questa analisi abbiamo scelto alcuni interventi invece di altri, lasciando naturalmente anche un po’ di spazio per esperimenti episodici, senza i quali si perde entusiasmo. Mi pare che le regole chiave nel decidere su quale social network posizionarsi siano

  • imparare a usarlo bene, a capire chi lo legge, che autorevolezza ha, quali sono gli interessi commerciali in gioco, in che fase di hype si trova. E’ un tipo di lavoro a cui gli addetti stampa sono abituati, anche se magari finora sono stati abituati a farlo solo per i giornali. I giornali bisogna non solo leggerli, ma anche “decostruirli” capendo chi li controlla, chi li legge, che peso hanno gli editorialisti ecc. Per i social network va fatto un lavoro simile, imparando a usarli. Non si può capire il web 2.0 standone fuori.
  • Darsi un obiettivo. Quelli possibili sono tanti. Branding istituzionale, innovazione, comunicazione interna, comunicazione territoriale, gestione dei rapporti con professionisti e opinion-makers, comunicazione virale, allargamento dei gruppi demografici, redenzione dell’immagine istituzionale.

Avendo fatto la fatica del punto 1, sarà possibile capire quali sono gli obiettivi e quali gli strumenti adatti ai per raggiungerli.

E quali sono gli obiettivi che vi siete posti?

  1. Diventare il miglior museo italiano come qualità della presenza online
  2. Aumentare la conoscenza del patrimonio artistico del museo
  3. Sedurre persone autorevoli che orientano le opinioni di piccoli gruppi, e portarli al museo
  4. Allargare le modalità attraverso cui diffondere informazioni di servizio
  5. Raggiungere fasce demografiche escluse dalla nostra comunicazione perché troppo difficili da raggiungere con strumenti tradizionali da un museo
  6. Avvicinare l’istituzione alle comunità locali del Trentino Alto Adige
  7. Dare evidenza all’enorme lavoro fatto dal Mart per costruire rapporti con enti e aziende vicine, nazionali e internazionali
  8. Offrire più facilmente comunicazione in lingue diverse dall’italiano quando serve
  9. Dare visibilità a un patrimonio di documenti multimediali già presente al museo
  10. Dare visibilità e sfruttare la notevole rete di collaborazioni internazionali creata dal Mart in questi anni

L’attività 2.0 è compito esclusivo dell’ufficio comunicazione o c’è una partecipazione trasversale dello staff museale?

Come per ogni cambiamento, questo lavoro inizia da chi ha una visione, che poi (se è valida) viene fatta propria e condivisa da gruppi più ampi.  I musei sono più lenti di altre istituzioni a cambiare, ma non è questo il punto. Per arrivare a una partecipazione trasversale bisogna lavorare con chi ci sta, indipendentemente dal fatto che si occupi di informatica, storia dell’arte o comunicazione. E bisogna avere fiducia nel fatto che le attività 2.0. per loro natura, incuriosiscono e affascinano. Al Mart questo processo graduale è iniziato: i nostri curatori, operatori della didattica e alcuni degli artisti coinvolti dal museo partecipano se stimolati, e qualcuno comincia a farlo anche spontaneamente.

Allargando la visione, la cosa curiosa mi pare quella che nei musei italiani non sono affatto gli informatici a spingere per usare strumenti 2.0 Molto spesso gli informatici che lavorano nelle istituzioni non hanno una vita digitale. Non che sia un obbligo, per carità. Queste cose non fanno parte del loro orizzonte umano e professionale. Fanno altre cose, gestiscono i sistemi, le macchine. Lamentarsi non ha senso. Anzi, io la vedo in positivo. Il campo è libero per i professionisti della comunicazione, che una volta formatisi adeguatamente, possono facilmente accreditarsi con competenze in questo campo.

Infine, faccio notare due fatti nuovi

  • in Italia nel 2008-9 abbiamo assistito a un fenomeno nuovo, l’alfabetizzazione web di massa su facebook per milioni di persone che avevano saltato internet negli anni ’90.
  • l’esplosione dei contenuti web sui cellulari, in una nazione che ha il quasi primato mondiale della diffusione dei telefonini

Tutto questo per dire che i professionisti della cultura che si auto-escludono dal web, probabilmente non lo faranno ancora a lungo.

Gli strumenti 2.0 consentono un’interazione costante con il pubblico: molti musei internazionali hanno dato vita a progetti online in cui era l’utente l’attore principale (contest online fotografici o video, realizzazione di nuovi contenuti, votazioni, tagging, ecc.) Avete realizzato (o realizzerete) progetti User Generated Content?

L’idea di creare UGC c’è dal 2007. Stiamo lavorando lentamente su molte cose, tra cui sì, c’è anche il social tagging della collezione permanente. Com’è evidente a tutti, in questo caso abbiamo un problema che non è solo tecnico, ma anche di politica museale: accogliere i contenuti degli utenti, magari sul patrimonio, comporta una ricerca di nuovi equilibri molto delicati con curatori interni ed esterni, con gli archivisti (per chi ha una biblioteca), e naturalmente con la direzione. Il mio compito non è quello di elaborare e nemmeno di discutere le politiche museali, ma quello di attuarle. Avendo un direttore e un presidente lungimiranti, ho praticamente campo libero, ma i tempi di sviluppo non sono quelli rapidissimi del web. E in un certo senso, per fortuna che è così. La dittatura del presente fa male quando si programmano progetti ambiziosi.

Finora abbiamo quindi fatto esperimenti in contesti meno sensibili, come concorsi fotografici (con Claudio Abate), una promozione su Second Life, o iniziative per portare al museo qualche utente Facebook. Abbiamo poi una pagina per commentare le opere esposte. Anche la scelta di ospitare tre link a rotazione in homepage è un UGC, perché coinvolgiamo artisti, curatori, giornalisti.

Ci tengo a specificare che queste cose non ci costano un centesimo (o comunque un’inezia se paragonate ai manifesti per strada o agli spot delle mostre blockbuster di grandi fondazioni private), e richiedono ore-lavoro molto contenute da parte di dipendenti e collaboratori del museo. In compenso, hanno un alto valore aggiunto in termini di comunicazione.

La cosa più temeraria che abbiamo osato finora è il box Twitter in homepage, attivo da pochi giorni. Questo di fatto è portare UGC in un luogo sensibile, perché basta fare un retweet e un commento di un utente (o di un curatore esterno?) si trova in contesto istituzionale. Naturalmente per ora manteniamo un controllo editoriale totale sui tweets, ma in futuro delegheremo gli update a una cerchia più ampia.

Stiamo lavorando a tutte le novità. Non siamo impauriti, vogliamo gestire il cambiamento. Sceglieremo le migliori e le porteremo avanti.

C’è spesso, da parte dei responsabili museali, un po’ di paura nel condividere online dei materiali, soprattutto per questioni legate al copyright (penso alle collezioni su Flickr, o a certe video interviste su Youtube). Qual è la vostra esperienza in merito?

Mi sono reso conto che ci sono diversi tipi di paure, alcune giustificate, altre meno. In tutti i casi, sottovalutarle è suicida. Bisogna capire e valutare. La paura di infrangere il copyright e trovarsi a processo è molto seria. E’ folle fare i techno-optimist e non prenderla in considerazione. Invece, va portato all’attenzione di curatori e direzione il fatto di cui sopra, e cioè che le regole del gioco stanno cambiando. Ad esempio, può essere utile fare leva sull’esperienza altrui. Nel momento in cui il Brooklyn Museum mette online immagini su Flickr con la licenza Creative Commons, si possono coinvolgere i colleghi per ragionare con loro su come fare una cosa del genere nel contesto italiano.

Una seconda paura riguarda il timore di perdere autorevolezza e autorità. In questo caso, penso che molti dei timori siano ingiustificati. Proprio per questo, bisogna impegnarsi e spiegare che il web fa parte del mondo reale, e proprio grazie al 2.0 sta diventando *più* reale: ognuno ci mette la faccia, comprese le istituzioni. Quindi il web non è un contesto frivolo dove si perde autorevolezza: è uno strumento di comunicazione che si può usare per molte cose, compresa la tutela della propria autorevolezza. Un modo intelligente per spiegare queste cose a chi resta fuori può essere quello di porsi degli obiettivi intermedi. Ad esempio, se portare la propria collezione su Flickr è uno shock, si può pensare a portarne una parte in un contesto più “protetto” e “istituzionale”, come può essere Europeana.

Per quanto riguarda l’autorità, il concetto è completamente diverso. La mia opinione strettamente personale (quindi in questo caso non parlo come collaboratore del Mart), è che i musei in effetti debbano perdere un po’ di autorità, per il loro bene. Le cose stanno andando così, non c’è niente che possano fare al riguardo: la perderanno e questo farà un sacco di bene ai musei, ai visitatori, alle famiglie, agli artisti, ai dirigenti e ai critici. E’ evidente che la mia è un’opinione di minoranza, in qualsiasi museo italiano. Ma per fortuna nelle istituzioni culturali si può discutere e argomentare.

State progettando anche la creazione di un blog del museo?

Certo, da almeno tre anni! La scelta difficile è quella relativa al livello di controllo editoriale. Per molto tempo, abbiamo guardato, come modello ideale da imitare, ad Eye Level , che ha un livello piuttosto alto di controllo editoriale da parte della direzione. Poi ci sono venuti dei dubbi, e abbiamo valutato la possibilità di usare i blog per coinvolgere voci libere e partner a vario titolo del Mart. Ora stiamo lavorando in questa seconda direzione.

Concludendo, che riscontro avete dall’attività digitale?

Intendiamoci sul riscontro. Facciamo un discorso per analogia. In Italia si valutano i musei in base al numero di visitatori. Chi lavora nei musei e coi musei spesso rigetta questa visione, anche se non lo dice apertamente, perché l’obiettivo principale dei musei non è quello di attirare folle oceaniche, ma quello di promuovere la cultura. Le due cose si sovrappongono, ma solo fino a un certo punto. Chi abbassa il livello culturale e scientifico per attirare più gente, alla lunga la paga, e tradisce il proprio mandato.

Similmente, lo scopo dell’attività digitale di un’istituzione non è “portare gente al museo”. Certo, è anche questo, ma non è questo il punto. Il web è la realtà, non è una versione minore della realtà. Questa consapevolezza è difficile da assumere. Perfino sui siti web online dei grandi giornali nazionali italiani, le notizie che riguardano il web, ad esempio, vengono riportati non nella colonna delle notizie vere, ma nella colonna delle frivolezze (quella a destra su repubblica.it, per intenderci). A meno che non si parli di soldi, ma questo è un altro discorso. Quindi, per concludere, secondo me va fatto uno sforzo per capire che la qualità di un’attività digitale si misura prima di tutto sul web.

E in questo senso tutti gli indicatori che abbiamo, da Google Analytics ai social network, danno ottimi risultati. Non mi metto a fare numeri, ma le metriche sono ottime ,sia per numero che per qualità della partecipazione, e in alcuni casi (frequenza di rimbalzo, tempo medio trascorso sul sito) sono addirittura esaltanti.

In un secondo momento, è altrettanto evidente che il nostro lavoro consiste nel portare questi risultati all’interno della comunicazione a tutto tondo del Mart, e allora sì che bisogna lavorare per portare gente al museo. In ogni caso, anche se accettassimo la dittatura dell’auditel museale, siamo molto soddisfatti perché le analisi statistiche commissionate dal museo mostrano che i visitatori raggiunti e convinti attraverso il web sono in notevole aumento, sia in valore assoluto che in percentuale sul totale dei visitatori.

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SMM > Titanic: The Artifact Exhibition

SMM > Titanic: The Artifact Exhibition

Il Science Museum of Minnesota è uno dei musei più attivi online: un vero e proprio esempio di utilizzo dei nuovi media in ambito culturale. Ci vorrebbe un blog quasi solo per analizzare le sue attività online, e infatti ci tornerò con diversi interventi.

Intanto vi segnalo il breve trailer con cui lo staff del museo ha lanciato la  mostra Titanic: The Artifact Exhibition.

Il video, ovviamente old style e ben curato, non è l’unico: c’è pure un making of dei “manovali” del museo intenti alla realizzazione concreta della mostra.

Tornerò presto a parlare di questo fantastico museo e di come rappresenta un esempio anche per la didattica online.

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Una delle uniche ricerche sul rapporto tra YouTube e musei, svoltasi nel gennaio 2008, analizza le esperienze di cinque musei.

Tabella_youtube

Guardando la tabella si vede come l’Exploratorium non presenta interviste video agli artisti, mentre il San Jose Museum of Art ne ha realizzate ben 28: è una dimostrazione di come la strategia di pubblicazione di videoclip segua la mission dell’istituzione.

Così risulta ovvio che un museo d’arte ospiterà più interviste agli artisti rispetto ad un museo scientifico, che invece privilegerà una tipologia più dimostrativa (infatti l’Exploratorium presenta ben 25 videoclip nella categoria “demonstration”).

Un altro chiaro esempio è quello dell’ Indianapolis Museum of Art (IMA) che vuole cambiare l’immagine del museo:

At the IMA, one of the main goals for the YouTube initiative was to change the reputation of the institution and reach out to the community, so several of their videos are employee profiles which help expose audiences to the diverse human side of the institution.

L’IMA ha quindi prodotto diversi videoclip riguardanti lo staff museale (26) con l’obiettivo di dare un’immagine più umana del museo: ha inoltre diffuso anche una grande quantità di clip con materiale promozionale riguardante esibizioni, eventi, programmi (38).

Infine, una curiosità.

Tra i vantaggi dell’utilizzo di YouTube, c’è quello di raggiungere un nuovo pubblico: non sono in molti a cercare direttamente un museo su YouTube, tuttavia il pubblico viene a contatto con l’attività del museo cercando “altro” materiale.

E’ quanto accaduto all’ Indianapolis Museum of Art:

For the IMA, one of their most successful series featured calligraphy artist Hirokazu Kosaka. Based on the comments (incidentally, their most commented-upon videos), the people watching this were not searching for “museum” content; they were searching for “calligraphy” content

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